Come promesso ecco per tutti i ragazzi del blog l'intervista con Riccardo. Rappresenta un pezzo di storia di Italia e della nostra città, e vorrei che fosse un esempio per tutti noi di come con sacrificio, caparbietà, costanza e forza di volontà si possa arrivare in alto e diventare uomini.
Ciao Riccardo, tu non sei sicuramente uno che ha bisogno di presentazioni, ma per chi ancora non ti conosce, vuoi presentarti?
Posso dirti che ho passato tutta la mia vita in mezzo allo sport. Fin da giovanissimo sono stato affascinato degli sport da combattimento.
Ho iniziato con il pugilato, per poi passare alla lotta stile libero, sport di cui tutt’ora sono innamorato, anche dopo tantissimi anni e nonostante adesso sia allenatore e non più atleta.
Parlaci un pò del tuo grande amore, come hai iniziato la pratica della lotta libera?
La lotta l’ho sempre avuta nel sangue, tanto è vero che da piccolo tutte le volte che dovevo fare a botte, d’istinto aggredivo il mio avversario per metterlo con le spalle a terra. Per me questa era una vittoria.
Il mio inizio non è stato quindi casuale, con gli amici del mio rione: Shangai, si decise di andare alla palestra Olimpia club, dove si allenavano i lottatori. Come tutti i ragazzi giovani fui subito attratto dalla lotta, ma ero intimidito dalla figura di Vittoriano Romanacci, ai tempi ancora giovane e imponente muscolarmente.
Non riuscivo a farmi avanti per dirgli che desideravo provare quella disciplina sportiva. Romanacci mi vide parecchio incuriosito e attratto, allora mi chiese se volessi fare un allenamento di prova. Da quel giorno non ho mai mancato un allenamento. E iniziò cosi la mia carriera di lottatore.
Tu hai fatto parte di una delle più grandi nazionali italiane di tutti i tempi, con Pollio, La bruna, Azzola, quella che può vantare l’unico oro mai vinto dall’Italia nella lotta libera in una olimpiade. Cosa puoi dirci di quella squadra e dei tuoi compagni?
Sicuramente nel suo complesso è stata una nazionale fino ad oggi irripetibile. Perchè in quasi tutte le categorie di peso eravamo competitivi a livello internazionale. Con punta di diamante, Claudio Pollio, campione Olimpico dei pesi fino a kg48 a Mosca 1980. Eravamo un gruppo molto affiatato che cercava di migliorare giorno per giorno per poter raggiungere il più grande risultato possibile.
Che tipo era con voi Vittoriano Romanacci e cosa rappresentava nell’immaginario di ragazzi poco più che ventenni alla ribalta mondiale?
Vittoriano è sempre stato un punto di riferimento ben preciso per noi giovani atleti. E non solo come ex lottatore o allenatore, ma tutti lo ammiravano per le sue qualità di intelligenza e di stare con il gruppo. Riusciva a far si che noi dessimo sempre il massimo in ogni allenamento. Questa credo sia stato il segreto per essere un allenatore vincente . Era particolare, era uno di noi.
Parlaci un po’ della routine di lavoro che svolgevi in quel periodo, si parla addirittura di tre sedute giornaliere di allenamento, è vero?
Si, è vero. Il programma di lavoro per alcuni lottatori di interesse olimpico in alcuni periodi prevedeva il primo allenamento la mattina alle ore 06:30 con lavoro misto, aerobico e anaerobico con la bicicletta da corsa. Più lavoro per la resistenza muscolare, che si svolgeva con degli elastici. La seconda seduta, alle 10:30-11:00, era basata sul potenziamento muscolare con sovraccarichi in palestra. La terza seduta, alle 18:30, si basava sul lavoro specifico, tecniche di lotta e di resistenza organica più esercizi vari col partner.
Il braccio di ferro è stata una conseguenza del mio incidente. Essendo sempre giovanissimo, e con tanta rabbia ho trovato un’ alternativa alla mia carica agonista. Non potendo più lottare ad alti livelli per le varie operazioni e amputazioni subite al piede e alla gamba destra, mi sono dedicato alla parte di me che era rimasta più integra: le braccia. Riuscendo ad ottenere dei grandissimi risultati.
Come è stato lavorare sul set con Stallone nel film Over The Top?
Sicuramente interessante, essendo uno sportivo non ero abituato a stare con dei personaggi simili, anche se dopo quella volta ho avuto occasione di essere chiamato a varie trasmissioni della RAI. e conoscere tanti altri personaggi dello spettacolo.
Che uomo è oggi Riccardo Niccolini , in cosa è diverso e in cosa più maturo rispetto all’olimpionico di Mosca e al campione del mondo di Braccio di ferro?
Sicuramente oggi sono diverso rispetto a quando ero giovane. Prima qualsiasi cosa che dovevo fare, anche in allenamento, era per me una competizione, dovevo cercare sempre di primeggiare. Questo mio carattere competitivo a volte mi rendeva insopportabile all’interno del gruppo, ma ero fatto cosi, un po’ animalesco e istintivo. Cercavo in ogni caso di essere un capo branco. Oggi ogni cosa che io conosco di questo sport mi piace insegnarla agli altri, forse è come se trasmettessi in ognuno dei miei ragazzi una parte di me che non si è mai completata.
Un’ultima domanda, cosa pensi delle nuove discipline lottatorie che si stanno facendo strada, parlo del brazilian jiu jitsu e della submission? Ti piace il valetudo?
Il brazilian jiu jitsu e la submission sono discipline praticate anche nella mia palestra. Forse rispetto alla lotta stile libero che è uno sport più antico, mancano di notorietà, specialmente in Italia. Questo forse perche non fanno parte degli sport olimpici.
Il valetudo , essendo nato in un rione della periferia di Livorno, vale a dire shangai, lo praticavo prima di fare lo sport...!